lunedì 28 maggio 2012

Intervista a Fabio Crestale




Ho conosciuto Fabio Crestale sul web, tramite facebook, e l’ho “osservato” per un po’. E lentamente mi ha catturato. Con lui ci si può immedesimare, da lui si può trarre esempio. È una persona moto umile, che ha faticato molto per conquistare quello che ha e continua a lavorare duro per andare avanti sempre di più. Nessuno gli ha ma regalato niente. Tutto ciò che ha ottenuto è frutto della sua passione e della sua caparbietà. Gli ho proposto un’intervista e ci siamo incontrati in una videochiamata e con sottofondo le urla dei miei bambini abbiamo chiacchierato per quasi un’ora.

Fabio, è da un pò che ti seguo sul web e la prima cosa che ho letto è stata una tua risposta ad una breve intervista del 2006 in cui tu dicevi che il tuo sogno era di entrare a far parte di una compagnia e di danzare su coreografie di Mats Ek.
Hai fatto molto di più. Sei partito come tanti da una normale scuola di danza e sei arrivato a danzare per coreografi di fama internazionale, a creare una tua compagnia e a tenere lezioni di danza contemporanea in diversi stage. Ci vuoi raccontare questa tua scalata e in che modo sei riuscito ad arrivare a livelli così alti, oltre al tuo talento ovviamente? Qual è stato il tuo trampolino di lancio?
Io ho fatto le classiche scuole di danza. Ho vinto varie borse di studio che mi hanno permesso di girare tanto, a Roma, a Firenze, Londra, New York dandomi la possibilità di studiare con diversi insegnanti e coreografi,  non mi sono formato in una vera e propria accademia.
Non sono mai stato fisso in una scuola anche perché credo che la formazione fondamentale che si può raccogliere studiando in una grande scuola come un’accademia dalla quale passano tanti nomi che consentono di acquisire svariate esperienze, la si può ottenere anche nelle piccole realtà, come è stata la mia, spostandosi nella varie città.  Più gente vedi, più coreografi puoi conoscere,  più esperienze acquisisci e questa cosa mi ha aiutato enormemente. E poi io sono sempre stato uno spirito un po’ libero,  dopo un po’ avevo bisogno di evadere dalla situazione in cui mi trovavo, non perché avessi smesso di apprendere, perché nella danza si sa, non si smette mai di imparare, ma perchè prevaleva l’istinto di apprendere altro all’ormai acquisita meccanicità dell’esecuzione. Questo secondo me fa la differenza tra danzatori e danzatori, e questo oltretutto mi porta ad essere me stesso seppur con tante difficoltà, tante fragilità,  ma questa modalità mi aiuta ad esprimermi.  Questo modo di studiare consente di diventare versatile. La difficoltà è nel saper danzare con diversi coreografi.
 Ho anche lavorato tantissimo per una coreografa e insegnante, Valentina Benedetti, una persona straordinaria con sensibilità  e rispetto verso l'arte enorme, per me lei è stata una grande maestra, mi ha formato molto. Penso che lei sia una grande artista. Tante sue coreografie le abbiamo portate in giro nei concorsi per far vedere noi come danzatori e lei come coreografa.  A lei devo tanto perché proprio lei mi ha fatto capire questa sensibilità di acquisire svariate esperienze.
Un'altra persona a cui devo la mia formazione, che mi ha dato tanti consigli per crescere e che tutt'oggi è un mio punto di riferimento, è Nadja Bussiem, grande professionista di danza classica, ex prima danzatrice al teatro di Mannheim.
Nel 2007 sono partito per studiare a New York nei centri Steps-Aalvin Ailey Dance Center-Broadway Dance Center. Andando via dall’Italia è partito il tutto.

Mi è sembrato di capire che devi molto alla città che ti ha adottato, Parigi. 
Raccontaci il tuo rapporto con questa meravigliosa città.
Quando sono arrivato a Parigi è stato un amore a prima vista, ma allo stesso tempo uno schiaffo. Sono arrivato in una città enorme dove l’arte è a 360°. C’è spazio per tutti. È una città che ti da tante possibilità. Ti ritrovi ad essere come un bambino quando gli dai una scatola di cioccolatini.
 Inizialmente è stato difficilissimo. A Parigi entri in una realtà completamente diversa, la lingua, la città, la burocrazia, il modo di pensare completamente diverso dal nostro. È stato come ricominciare di nuovo a danzare, perché il contemporaneo francese è molto concettuale. Quindi  ho ripreso da capo tutto un lavoro, ho cercato di entrare nella mentalità francese, ho ripreso a studiare con tante persone diverse in modo da comprendere quello che vuole ciascun coreografo quando si fa un’ audizione, in modo da evolvere il movimento in base alla situazione in cui mi trovavo.
Inizialmente è stato difficile, mi sentivo molto solo, Parigi è una città carissima, studiavo, facevo audizioni, mi dicevano sempre no, troppo alto, troppo tecnico, troppo principe. Ad un certo punto ho capito che dovevo lavorare più da un punto di vista psicologico nel senso che ho cominciato a capire com’è la danza francese, cambiando il mio  modo di danzare
E così ho cominciato a integrarmi in questa città. Dopo quasi un anno e mezzo ho iniziato a lavorare in alcune compagnie francesi, ho vissuto di risparmi, ho cominciato a farmi conoscere e a comprendere com’è il sistema.




Ho visto le tue foto alle prove della Bayadere nel più grande e importante Teatro di Parigi,un sogno per tanti danzatori e tu eri lí, con la Zakharova. È stato bello vedere le foto del dietro le quinte, l'impressione era quasi di essere in un qualunque saggio di danza e invece eri in un posto sacro per i danzatori. Ti va di raccontarci questa esperienza?
Io non sono un danzatore fisso del teatro. L’Operà è un istituzione per la Francia dove c’è una gerarchia immensa, puoi fare il contorno nel corpo di ballo, però la cosa bella per la quale io ogni giorno ringrazio mio padre che non c’è più, è che sono entrato in un golden temple, ho visto cose che ti fanno capire che sei di fronte ad una cosa enorme. Anche essere lì e fare solo tombé pas de bourée e poi stai fermo, vedi coreografi mondiali, etoile!
Ero quasi ipnotizzato perché le emozioni sono troppo forti, e io che sono molto emotivo mi faccio coinvolgere dalle emozioni così tanto da perdere la concentrazione. È  un’esperienza meravigliosa dalla quale ho appreso molte cose importanti della danza.










Hai una tua compagnia di danza, I funamboli. Com’è nata e in che modo ti sei fatto conoscere in Italia?
Ho creato la mia compagnia I funamboli e l’ho chiamata così perché tutto è legato a delle emozioni a delle sensazioni, siamo tutti i giorni in cerca di equilibrio, per noi danzatori il lavoro è  instabile, l’arte è instabile. L’arte è per me imperfetta,  perché l’artista trasmette i suoi sentimenti, le sue fragilità nei suoi lavori, nelle sue opere e quindi traspare la sua instabilità nell’arte, poi che sia perfetto il passo è un altro discorso, è tecnica. Quindi l’ho chiamata i funamboli perché penso che siamo sempre in equilibrio precario.
La compagnia è basata a Parigi, è emergente, ho mostrato una mia coreografia  “Il muro” a  dei miei colleghi di teatro, ad un danzatore, Mallory Gaudion,  gli è piaciuta tantissimo tanto da inserirla in suo progetto (www.tutudanceproject-en.org) dove gli stessi coreografi danzano le proprie coreografie e lui danzerà per me. È un progetto molto grande con nomi grandissimi e io sono onoratissimo di farne parte.
In Italia le strade mi si sono aperte un po’ grazie alla partecipazione ad Xl anticorpi dove sono stato selezionato e ho danzato al festival ammutinamenti a Ravenna. È stato bellissimo perché ci siamo esibiti in un museo e perché hanno apprezzato il mio lavoro. C’è chi mi ha detto che somiglio a Mats Ek, ma quello che io dico è che posso essere ispirato a qualcuno, ma quelli che hanno inventato la coreografia sono stati loro , noi cerchiamo di fare meglio ciò che è stato già creato. Da Ravenna hanno cominciato  a darmi altre date, mi hanno invitato a Civitanova danza, farò l’apertura della serata con Aterballetto, danzeremo fuori in una sorta di danza urbana, che a me fa impazzire, mi rispecchia, ci saremo noi, Aterballeto e un'altra compagnia. 





Nel mio lavoro di spionaggio ho visto anche uno stage che hai tenuto all'accademia Normanna a Napoli. Qual è il tuo obiettivo durante le lezioni?
Mi piace tantissimo insegnare, però stage, non corsi fissi, dove la gente può essere di passaggio, dove posso dare delle informazioni su di me, di quello che ho imparato, voglio dare le mie informazioni che ho appreso nel mio percorso fino ad oggi, voglio trasmettere il mio modo di pensare, dare consigli. Io do consigli e ognuno li fa suoi perchè siamo tutti diversi.
Ho avuto la fortuna di conoscere una scuola di Treviso, Fifth Treviso di Silvia Funes, una scuola di altissimo livello e Silvia è una grande professionista. E ho anche conosciuto Dino Carano, direttore artistico dell’accademia normanna, una persona molto umile e professionale con un gran rispetto per l’arte che mi ha fatto amare Napoli. Grazie a lui sto lavorando tantissimo con l’accademia normanna e tante altre scuole. Ed è bellissimo perché gli allievi hanno molto rispetto. Quando io sono a lezione mi metto a loro livello, non mi pongo io insegnante-loro allievi, la disciplina non deve mancare, posso fare cose difficili ma li rassicuro, la difficoltà può arrivare come no, li devi portare, come un pastore porta il suo gregge, se li porti al tuo lavoro allora loro arrivano a fare al meglio quello che riescono.



Loro prendono da te, ma tu da loro cosa riesci a prendere?
Io la metto anche sul lato sensibile, prendo il loro approccio,  prendo la loro sensibilità, il loro modo di esprimersi per poi arricchirmi, prendo i loro modi di entrare nella coreografia per poi caricarmi di emozioni che mi possono aiutare a crescere nel mio lavoro e comprendere le persone che fanno la mia professione e queste certe volte queste mi aiutano nell’immaginare quello che vorrei creare con la loro sensibilità. Durante gli stage io do il massimo e loro, gli allievi, mi ricaricano.

Tornerai in Italia?
In Italia non penso di tornare per il momento perché mi sono costruito troppo qua e adesso la Francia mi sta aiutando e quindi la ringrazio, amo tantissimo il mio paese,penso che sia un paese stupendo, ma penso che  il nostro sia un popolo molto legato a tutto ciò che luccica. Troppi soldi buttati in trasmissioni televisive sulla danza che potrebbero invece aiutare teatri e compagnie emergenti.


Di seguito un video de "Ilmuro"




Video stage Fabio Crestale all'accademia normanna a Napoli





Siti web di riferimento:

2 commenti:

  1. Non siamo proprio capaci a tenerci i nostri talenti... Sembra che il nostro paese non abbia più nulla da offrire ai giovani, Diego, Elia, Sofia, ormai io spero solo nei nostri figli, che aiutino questo povero paese ormai in agonia, mangiato e dilaniato dall'ignoranza.

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    1. Bellissimo te lo meriti .....evidentemente si e la cosa che e' vincente in te e' la passione totalmente pura che metti in quello che fai e non la perderai mai perche' o la si possiede o non la si conquistera' mai

      ma non mi hai menzionato dicendo che hai mangiato la pizza peggiore di napoli??ahahahah

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