Ho conosciuto Fabio Crestale
sul web, tramite facebook, e l’ho “osservato” per un po’. E lentamente mi ha
catturato. Con lui ci si può immedesimare, da lui si può trarre esempio. È una
persona moto umile, che ha faticato molto per conquistare quello che ha e
continua a lavorare duro per andare avanti sempre di più. Nessuno gli ha ma
regalato niente. Tutto ciò che ha ottenuto è frutto della sua passione e della
sua caparbietà. Gli ho proposto un’intervista e ci siamo incontrati in una
videochiamata e con sottofondo le urla dei miei bambini abbiamo chiacchierato
per quasi un’ora.
Fabio, è da un pò che ti seguo sul web e la
prima cosa che ho letto è stata una tua risposta ad una breve intervista del
2006 in cui tu dicevi che il tuo sogno era di entrare a far parte di una
compagnia e di danzare su coreografie di Mats Ek.
Hai fatto molto di più. Sei partito come tanti da una normale scuola di danza e sei arrivato a danzare per coreografi di fama internazionale, a creare una tua compagnia e a tenere lezioni di danza contemporanea in diversi stage. Ci vuoi raccontare questa tua scalata e in che modo sei riuscito ad arrivare a livelli così alti, oltre al tuo talento ovviamente? Qual è stato il tuo trampolino di lancio?
Hai fatto molto di più. Sei partito come tanti da una normale scuola di danza e sei arrivato a danzare per coreografi di fama internazionale, a creare una tua compagnia e a tenere lezioni di danza contemporanea in diversi stage. Ci vuoi raccontare questa tua scalata e in che modo sei riuscito ad arrivare a livelli così alti, oltre al tuo talento ovviamente? Qual è stato il tuo trampolino di lancio?
Io ho fatto le classiche
scuole di danza. Ho vinto varie borse di studio che mi hanno permesso di girare
tanto, a Roma, a Firenze, Londra, New York dandomi la possibilità di studiare
con diversi insegnanti e coreografi, non
mi sono formato in una vera e propria accademia.
Non sono mai stato fisso
in una scuola anche perché credo che la formazione fondamentale che si può
raccogliere studiando in una grande scuola come un’accademia dalla quale
passano tanti nomi che consentono di acquisire svariate esperienze, la si può
ottenere anche nelle piccole realtà, come è stata la mia, spostandosi nella
varie città. Più gente vedi, più
coreografi puoi conoscere, più
esperienze acquisisci e questa cosa mi ha aiutato enormemente. E poi io sono
sempre stato uno spirito un po’ libero, dopo
un po’ avevo bisogno di evadere dalla situazione in cui mi trovavo, non perché
avessi smesso di apprendere, perché nella danza si sa, non si smette mai di
imparare, ma perchè prevaleva l’istinto di apprendere altro all’ormai acquisita
meccanicità dell’esecuzione. Questo secondo me fa la differenza tra danzatori e
danzatori, e questo oltretutto mi porta ad essere me stesso seppur con tante difficoltà,
tante fragilità, ma questa modalità mi aiuta ad esprimermi. Questo modo di studiare consente di diventare
versatile. La difficoltà è nel saper danzare con diversi coreografi.
Ho anche lavorato tantissimo per una
coreografa e insegnante, Valentina Benedetti, una persona straordinaria con sensibilità e rispetto verso l'arte enorme, per me lei è stata una grande maestra, mi ha formato molto. Penso che lei sia una grande artista. Tante sue coreografie le abbiamo
portate in giro nei concorsi per far vedere noi come danzatori e lei come
coreografa. A lei devo tanto perché
proprio lei mi ha fatto capire questa sensibilità di acquisire svariate esperienze.
Un'altra persona a cui devo la mia formazione, che mi ha dato tanti consigli per crescere e che tutt'oggi è un mio punto di riferimento, è Nadja Bussiem, grande professionista di danza classica, ex prima danzatrice al teatro di Mannheim.
Un'altra persona a cui devo la mia formazione, che mi ha dato tanti consigli per crescere e che tutt'oggi è un mio punto di riferimento, è Nadja Bussiem, grande professionista di danza classica, ex prima danzatrice al teatro di Mannheim.
Nel 2007 sono partito per
studiare a New York nei centri Steps-Aalvin Ailey Dance Center-Broadway Dance
Center. Andando via dall’Italia è partito il tutto.
Mi è sembrato di capire che devi molto alla città che ti ha adottato, Parigi.
Mi è sembrato di capire che devi molto alla città che ti ha adottato, Parigi.
Raccontaci il tuo rapporto con questa
meravigliosa città.
Quando sono arrivato a Parigi
è stato un amore a prima vista, ma allo stesso tempo uno schiaffo. Sono
arrivato in una città enorme dove l’arte è a 360°. C’è spazio per tutti. È una
città che ti da tante possibilità. Ti ritrovi ad essere come un bambino quando
gli dai una scatola di cioccolatini.
Inizialmente è stato difficilissimo. A Parigi
entri in una realtà completamente diversa, la lingua, la città, la burocrazia,
il modo di pensare completamente diverso dal nostro. È stato come ricominciare
di nuovo a danzare, perché il contemporaneo francese è molto concettuale.
Quindi ho ripreso da capo tutto un
lavoro, ho cercato di entrare nella mentalità francese, ho ripreso a studiare
con tante persone diverse in modo da comprendere quello che vuole ciascun
coreografo quando si fa un’ audizione, in modo da evolvere il movimento in base
alla situazione in cui mi trovavo.
Inizialmente è stato
difficile, mi sentivo molto solo, Parigi è una città carissima, studiavo,
facevo audizioni, mi dicevano sempre no, troppo alto, troppo tecnico, troppo
principe. Ad un certo punto ho capito che dovevo lavorare più da un punto di
vista psicologico nel senso che ho cominciato a capire com’è la danza francese,
cambiando il mio modo di danzare
E così ho cominciato a
integrarmi in questa città. Dopo quasi un anno e mezzo ho iniziato a lavorare
in alcune compagnie francesi, ho vissuto di risparmi, ho cominciato a farmi
conoscere e a comprendere com’è il sistema.
Ho visto le tue foto alle prove della Bayadere nel
più grande e importante Teatro di Parigi,un sogno per tanti danzatori e tu eri
lí, con la Zakharova. È stato bello vedere le foto del dietro le quinte, l'impressione
era quasi di essere in un qualunque saggio di danza e invece eri in un posto
sacro per i danzatori. Ti va di raccontarci questa esperienza?
Io non sono un danzatore fisso del teatro. L’Operà è un istituzione per la Francia dove c’è una
gerarchia immensa, puoi fare il contorno nel corpo di ballo, però la cosa bella
per la quale io ogni giorno ringrazio mio padre che non c’è più, è che sono
entrato in un golden temple, ho visto cose che ti fanno capire che sei di
fronte ad una cosa enorme. Anche essere lì e fare solo tombé pas de bourée e
poi stai fermo, vedi coreografi mondiali, etoile!
Ero quasi ipnotizzato perché
le emozioni sono troppo forti, e io che sono molto emotivo mi faccio
coinvolgere dalle emozioni così tanto da perdere la concentrazione. È un’esperienza meravigliosa dalla quale ho
appreso molte cose importanti della danza.
Hai una tua compagnia di danza, I funamboli. Com’è
nata e in che modo ti sei fatto conoscere in Italia?
Ho creato la mia
compagnia I funamboli e l’ho chiamata
così perché tutto è legato a delle emozioni a delle sensazioni, siamo tutti i
giorni in cerca di equilibrio, per noi danzatori il lavoro è instabile, l’arte è instabile. L’arte è per me
imperfetta, perché l’artista trasmette i
suoi sentimenti, le sue fragilità nei suoi lavori, nelle sue opere e quindi
traspare la sua instabilità nell’arte, poi che sia perfetto il passo è un altro
discorso, è tecnica. Quindi l’ho chiamata i funamboli perché penso che siamo
sempre in equilibrio precario.
La compagnia è basata a Parigi, è emergente, ho mostrato una mia coreografia “Il muro” a
dei miei colleghi di teatro, ad un danzatore, Mallory Gaudion, gli è piaciuta tantissimo
tanto da inserirla in suo progetto (www.tutudanceproject-en.org) dove gli stessi coreografi danzano le
proprie coreografie e lui danzerà per me. È un progetto molto grande con nomi
grandissimi e io sono onoratissimo di farne parte.
In Italia le strade mi si sono aperte un po’ grazie alla partecipazione
ad Xl anticorpi dove sono stato selezionato
e ho danzato al festival ammutinamenti
a Ravenna. È stato bellissimo perché ci siamo esibiti in un museo e perché hanno
apprezzato il mio lavoro. C’è chi mi ha detto che somiglio a Mats Ek, ma quello
che io dico è che posso essere ispirato a qualcuno, ma quelli che hanno inventato
la coreografia sono stati loro , noi cerchiamo di fare meglio ciò che è stato già
creato. Da Ravenna hanno cominciato a
darmi altre date, mi hanno invitato a Civitanova danza, farò l’apertura della
serata con Aterballetto, danzeremo fuori in una sorta di danza urbana, che a me
fa impazzire, mi rispecchia, ci saremo noi, Aterballeto e un'altra compagnia.
Nel mio lavoro di spionaggio ho visto anche uno
stage che hai tenuto all'accademia Normanna a Napoli. Qual è il tuo obiettivo
durante le lezioni?
Mi piace tantissimo insegnare,
però stage, non corsi fissi, dove la gente può essere di passaggio, dove posso
dare delle informazioni su di me, di quello che ho imparato, voglio dare le mie
informazioni che ho appreso nel mio percorso fino ad oggi, voglio trasmettere
il mio modo di pensare, dare consigli. Io do consigli e ognuno li fa suoi
perchè siamo tutti diversi.
Ho avuto la fortuna di
conoscere una scuola di Treviso, Fifth Treviso di Silvia Funes, una scuola di altissimo livello e Silvia è una grande professionista. E ho anche conosciuto
Dino Carano, direttore artistico dell’accademia normanna, una persona molto
umile e professionale con un gran rispetto per l’arte che mi ha fatto amare
Napoli. Grazie a lui sto lavorando tantissimo con l’accademia normanna e tante
altre scuole. Ed è bellissimo perché gli allievi hanno molto rispetto. Quando
io sono a lezione mi metto a loro livello, non mi pongo io insegnante-loro
allievi, la disciplina non deve mancare, posso fare cose difficili ma li
rassicuro, la difficoltà può arrivare come no, li devi portare, come un pastore
porta il suo gregge, se li porti al tuo lavoro allora loro arrivano a fare al
meglio quello che riescono.
Loro prendono da te, ma tu da loro cosa riesci
a prendere?
Io la metto anche sul
lato sensibile, prendo il loro approccio,
prendo la loro sensibilità, il loro modo di esprimersi per poi
arricchirmi, prendo i loro modi di entrare nella coreografia per poi caricarmi
di emozioni che mi possono aiutare a crescere nel mio lavoro e comprendere le
persone che fanno la mia professione e queste certe volte queste mi aiutano
nell’immaginare quello che vorrei creare con la loro sensibilità. Durante gli
stage io do il massimo e loro, gli allievi, mi ricaricano.
Tornerai in Italia?
In Italia non penso di
tornare per il momento perché mi sono costruito troppo qua e adesso la Francia
mi sta aiutando e quindi la ringrazio, amo tantissimo il mio paese,penso che
sia un paese stupendo, ma penso che il
nostro sia un popolo molto legato a tutto ciò che luccica. Troppi soldi buttati
in trasmissioni televisive sulla danza che potrebbero invece aiutare teatri e
compagnie emergenti.
Di seguito un video de "Ilmuro"
Video stage Fabio Crestale all'accademia normanna a Napoli
Non siamo proprio capaci a tenerci i nostri talenti... Sembra che il nostro paese non abbia più nulla da offrire ai giovani, Diego, Elia, Sofia, ormai io spero solo nei nostri figli, che aiutino questo povero paese ormai in agonia, mangiato e dilaniato dall'ignoranza.
RispondiEliminaBellissimo te lo meriti .....evidentemente si e la cosa che e' vincente in te e' la passione totalmente pura che metti in quello che fai e non la perderai mai perche' o la si possiede o non la si conquistera' mai
Eliminama non mi hai menzionato dicendo che hai mangiato la pizza peggiore di napoli??ahahahah