venerdì 23 marzo 2012

Le Supplici: intervista a Fabrizio Favale



Devo essermi persa qualcosa negli ultimi anni. Tra giornali per mamme, forum al femminile e il pediatra ti consiglia, ho distolto l'attenzione dal mondo della danza. Anche quando questo mondo era dietro la porta.
Vi parlo infatti di un'altra compagnia la cui residenza è a Bologna. A Casalecchio di Reno per la precisione, al Teatro Testoni per essere ancora più precisi, volutamente precisa perchè nel 2009 ho ballato proprio in quel teatro e non sapevo che lì respirava Le Supplici, compagnia di danza diFabrizio Favale.
Per puro caso ho letto un articolo che lui ha scritto sulla scarsa programmazione in Italia della danza nei teatri e da lì è iniziata la mia ricerca su di lui e sulla sua compagnia e non riuscivo più a fermarmi perchè ogni sua produzione stimola a cercare altro, altro e ancora altro.  La mia curiosità su Fabrizio Favale è cresciuta a tal punto che ho pensato di fare direttamente a lui alcune domande e lui molto gentilmente mi ha subito risposto, di getto, proprio come mi ha detto lui e adesso aspetto solo di vedere la sua compagnia ballare, magari qui in Sicilia!

Fabrizio, tutto ruota attorno alla Natura. I tuoi lavori nascono più che dalla Natura, in simbiosi con essa. Tanto da essere realizzati in loco, come nell'ultima tua produzione  Isolario, e nello specifico nelle isole Egadi. Mi incuriosisce la scelta delle Egadi e soprattutto in che modo percepisci la natura, la incorpori e infine ne fai movimento fino a crearne una coreografia.
Non so se i miei lavori nascono dalla natura. Fatto sta che tento d'interrogarmi su ciò che vedo e anche su ciò che non vedo e che immagino, quindi. Diciamo che il paesaggio mi attrae moltissimo e anche i suoi abitanti... mi ipnotizza quasi. Questo accade perché per me il paesaggio è sempre intessuto di visibile e invisibile. Tutte le forme sono parlanti, dicono di sé. E il corpo (umano) nella sua fragilità e permeabilità, in maniera quasi shamanica, può dire di sé, ma anche dire altro da sé. Da bambino ero convinto che potevo entrare nelle forme dei miei animali prediletti, che potevo diventare loro... Sarò guarito? Le Egadi le ho scelte per due ragioni: una è che mi piace che un lavoro venga permeato e modellato da qualcosa che non è previsto su carta o dal concetto. L'altra è che una coreografia pone sempre la richiesta d'essere collocata in un paesaggio, o chiede d'essere una connessione fra più paesaggi, e le isole Egadi sono allo stesso tempo lontane e esotiche (perché sono isole) e vicine (perché sono italiane e aspre d'una asprezza ormai rarissima).


Ho visto le date della  vostra tournée, sorprendentemente tutte all'estero. Un ricamo fatto sul nulla, la tua precedente produzione, ha avuto un successo planetario. 
Da Bologna al Nepal, Filippine, Messico, Germania, perchè però poche, quasi nulle, le date in Italia? 
Sul successo planetario non esagererei. Sul fatto che siamo all'estero e poco in Italia lo prendo come un dato. Non saprei. Forse in Italia non è il mio lavoro a non circuitare, ma tutti. Quando vedrò in giro una programmazione decente di spettacoli di danza e dovessi vedere che manco solo io, penso che inizierei a chiedermi perché...


Imponente la produzione in più atti della durata di tre anni che prende spunto dai racconti indiani contenuti nel Mahabharata. Oltre che imponente soprattutto audace, vista la lontananza dalla nostra cultura. Cosa ti ha portato a questa scelta?
Il lavoro stesso. Guardando la mia produzione di quegli anni, mi sono improvvisamente reso conto che le coreografie non stavano parlando di qualcosa di vicino, ma di qualcosa che aveva a che fare con una proliferazione d'immagini, con una possibilità d'attraversamento delle forme estranea alla nostra cultura. Ho ritrovato qualcosa di simile leggendo i testi indiani. Non credo d'averli mai capiti, ma forse li ho scelti per lo stesso motivo per cui non capivo le mie coreografie. Penso che la danza possa permettersi questi salti sull'Atlante geografico, perché, in realtà, India o Europa che sia, non narra delle cose del mondo.


E infine vorrei chiederti quando è nata l'idea o meglio, l'esigenza, di dar vita ad una tua compagnia e da dove deriva il nome Le Supplici?
Anche quando ho interpretato coreografie di altri, ho sempre sentito l'esigenza di dire qualcosa, anche se non sapevo (e molto spesso non lo so ancora) cosa. Le Supplici nasce come una sigla che racchiudeva diversi miei collaboratori degli inizi. Dà il nome a due tragedie greche omonime, rispettivamente di Euripide e di Eschilo. Ma non le ho mai lette.







Fonte immagini e video sito web Le Supplici

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